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Domande e Risposte

 

Dopo un paio di mesi dall'effettuazione del tagliando di controllo sulla mia auto (acquistata quattro anni fa), mi si è rotta la cinghia di distribuzione, che pure dal tagliando risultava essere stata controllata, ed il motore. Presso l'Officina ove avevo effettuato i controlli mi hanno dato la loro disponibilità ad effettuare tutte le riparazioni senza costi a mio carico, senza però volermi risarcire altri tipi di danno. Considerato che i tempi per la riparazione sono lunghi, dovendo reperire i pezzi di ricambio all'estero presso la casa madre, ciò mi impedirà di usare l'auto per un bel pò di tempo, limitando sia la mia comodità nel recarmi al lavoro, sia l'utilizzo dell'auto nel tempo libero. E' possibile chiedere che mi venga riconosciuto il danno biologico e morale per il periodo di tempo in cui non potrò utilizzare la mia autovettura?

Risposta:

La possibilità di ottenere, sia in via stragiudiziale che giudiziale, il risarcimento del danno non patrimoniale, inteso quale danno biologico e morale, viene limitata ex art. 2059 Cod. Civ. alle sole ipotesi tassativamente determinate per legge. In via generale, viene risarcito il danno non patrimoniale nelle seguenti fattispecie:

§  di un illecito civile che sia altresì previsto dalla legge come reato;

§  di illeciti lesivi del diritto all'integrità fisica e alla salute;

§  di illeciti lesivi dei diritti della personalità quali diritto al nome e all'onore.

Deve tuttavia segnalarsi che in via eccezionale alcune giurisdizioni minori  (giudici di pace) hanno liquidato il danno morale anche per fattispecie non ricomprese nel dettato normativo di cui all'art. 2059 Cod. Civ., per cui ad esempio è stato riconosciuto il danno morale ad un acquirente di un  pacchetto turistico per il disagio psicofisico subìto a causa della cancellazione improvvisa della partenza ed il mancato godimento del soggiorno.

Fatte queste precisazioni deve ritenersi che il caso esposto non rientri in alcuna delle situazioni previste dalla legge per il risarcimento del danno biologico e morale; da qui l'impossibilità di ottenerne la relativa liquidazione sia a livello stragiudiziale che giudiziale.

Tuttavia, il mancato godimento  dell'auto è considerato come un limite a trarre le utilità economiche dal bene di proprietà  e viene pertanto qualificato come danno di natura patrimoniale che,  trovandosi in collegamento di nesso causale con la responsabilità dell'Officina per la mancata manutenzione dell'auto alla regola dell'arte, dà diritto a risarcimento secondo le regole generali.

L'Officina dovrà pertanto risarcire, oltre al danno emergente (i costi per la riparazione), il c.d. lucro cessante che è dato dal costo di noleggio di un'autovettura, con caratteristiche simili a quella del Cliente, per tutto il periodo in cui l'auto di proprietà non è funzionante, potendo comunque offrire in alternativa l'utilizzo di una c.d. "auto di cortesia".

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Ho affittato un immobile al piano terra per adibirlo a negozio di cartoleria. Dopo un pò che ho iniziato la locazione, ho scoperto che la parte adibita a magazzino ha rilevanti problemi di umidità tali da danneggiare le mie scorte. La Proprietà, dopo le mie proteste, sta cercando di risolvere la situazione: ha rotto il muro dove si verifica l'affioramento dell'umidità per cercare la causa. Per tutti questi problemi imprevisti all'inizio della mia nuova attività lavorativa,   ora vorrei  chiedere i danni alla Proprietà. Cosa posso fare?

 

Risposta:

La materia del risarcimento dei danni in materia civile è regolata dagli artt. 1218 e ss. e 2056 e ss. del Codice Civile.

Le componenti di danno che sono risarcibili in via ordinaria in materia contrattuale, quale è quella relativa al caso esposto, sono 1) il danno emergente e 2) il lucro cessante. 

Nella voce di danno n. 1 si includono i costi che il danneggiato deve affrontare per ripristinare la situazione di fatto anteriore all' "eventus damni": nel suo caso si tratta - ad esempio - dei costi  per il ri-acquisto delle scorte di magazzino danneggiate dall'umidità, considerato che le spese per la riparazione dell'infiltrazione vengono affrontate dalla proprietà.

Nella voce di danno n. 2 si includono i costi legati al mancato guadagno, ovvero alla perdita economica conseguente al fatto dannoso: nel suo caso l'impossibilità temporanea di gestire il magazzino fino alla fine dei lavori comporta un calo nelle vendite per un'impossibilità di far fronte alle richieste della clientela, oppure per un disagio generalizzato dovuto alle condizioni del negozio: parzialmente occupato da lavori con polveri, rumori e quant'altro.

Trattandosi di un vizio grave della cosa locata, è possibile,  a scelta del Locatario-Inquilino, domandare da subito la risoluzione del contratto per parziale o totale inidoneità dell'immobile locato alla destinazione d'uso pattuita. Il  risarcimento comprenderà: per il danno emergente la restituzione del canone e di tutti gli altri corrispettivi pagati in forza del contratto, quali eventuali provvigioni  ad agenti immobiliari,  etc., per il lucro cessante  la quantificazione economica della c.d. perdita di chances per aver perduto nel frattempo altre occasioni di affitto di locali commerciali,  da liquidarsi in via equitativa da parte del Giudice ex art. 2056 Cod. Civ..

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Alcuni mesi fa ho provveduto a stipulare un contratto preliminare per l'acquisto di un box nel mio stabile di residenza. Sennonché all'improvviso la parte venditrice ha cambiato idea  e si rifiuta, con varie scuse, di presentarsi davanti al notaio per il rogito. Sono piuttosto preoccupato perché la caparra che abbiamo versato è solo di 5000,00 euro, mentre il danno che io ne ricevo è molto più grande, non essendoci al momento altra disponibilità di autorimesse nel mio caseggiato. Come si può agire?

 

Risposta:

Le possibilità che ha davanti a sé per definire il contenzioso in essere sono tre.

La prima soluzione consiste nella scelta di recedere - in via stragiudiziale - dal contratto,   ai sensi dell'art. 1385 2° comma Cod. Civ., in tal caso il promittente venditore, che si è reso inadempiente alla stipula del contratto definitivo di compravendita (rogito) entro la data prevista dal contratto preliminare, dovrà versare al promissario acquirente 10.000,00 euro, 5000,00 euro per la restituzione della caparra ricevuta e una pari somma a titolo di risarcimento del danno (si tratta della restituzione del c.d. doppio della caparra confirmatoria). Tale soluzione è però invisa all'Utente in quanto non risulta satisfattoria del complessivo danno sofferto dall'inadempimento della controparte.

La seconda soluzione consiste nell'adire le vie legali e chiedere al Giudice, ex art. 2932 Cod. Civ., una sentenza costitutiva del diritto di proprietà del bene immobile che il promittente venditore si è rifiutato di trasferire, con  corresponsione del prezzo di vendita  originariamente pattuito dalle parti,  e portando in detrazione una somma corrispondente agli eventuali danni sofferti nelle more dell'inadempimento. 

 La terza soluzione consiste nell'adire le vie legali per chiedere la risoluzione del contratto e la contestuale determinazione dei danni, quantificazione che è regolata dalle norme generali del Codice civile in materia d'inadempimento, ovvero in base agli artt. 1218 e ss.  e 2056 e ss. Cod. civ.. Infatti, se la parte adempiente rifiuta la composizione stragiudiziale del contenzioso preferendo non accettare quale risarcimento il doppio della caparra confirmatoria, il risarcimento del danno dovrà prevedere sia la voce del danno emergente che quella del lucro cessante. Sul punto si è espressa la Suprema Corte statuendo che "il risarcimento del danno dovuto al promissario acquirente per la mancata stipulazione del contratto definitivo di vendita di bene immobile, imputabile al promittente venditore, consiste nella differenza tra il valore commerciale del bene medesimo al momento della proposizione della domanda di risoluzione del contratto (cioè, al tempo in cui l'inadempimento è diventato definitivo) ed il prezzo pattuito" (Così Cass. Civ. sez. III n. 22384/2004).

Si rileva in proposito che, in corso di causa, l'iniziale domanda di adempimento proposta ex art. 2932 Cod. Civ. può essere mutata in domanda di risoluzione con risarcimento dei danni;  invece, un'azione legale iniziata con una domanda giudiziale di risoluzione del contratto non potrà essere modificata in domanda di adempimento.